Visitare Napoli non significa solo assaporare deliziose offerte culinarie, ammirare i paesaggi mozzafiato e andare a fare shopping nelle strade più rinomate della città, ma vuol dire anche entrare in stretto contatto con una parte molto antica del capoluogo partenopeo, testimoniata dalle tante chiese che ancora oggi custodiscono miti e leggende senza tempo.
È il caso delle cappelle presenti nel cuore del centro storico di Napoli, in cui è possibile venire a conoscenza di uno dei culti più diffusi e gelosamente custoditi del territorio, ovvero quello dei morti.
A testimoniare tali credenze c’è una piccola e antica chiesetta, situata a San Biagio dei Librai, nei pressi della famosa e rinomata Spaccanapoli. Questo luogo è dedicato a Santa Lucia, protettrice della vista, e nei suoi sotterranei avrete modo di ammirare il teschio con le orecchie, divenuto ormai noto a tutto il popolo partenopeo che, con orgoglio e senso patriottico, tramanda la sua storia di generazione in generazione, diffondendola a tutti quei fedeli che vogliono entrare in contatto con la parte più antica e pagana di Napoli.
La Chiesa di Santa Luciella: luogo di miti e credenze religiose
Nel vico Santa Luciella, che collega San Biagio dei Librai alla famosa via dei presepi, San Gregorio Armeno, sorge la piccola ed omonima chiesa fondata nel 1327 da Bartolomeo di Capua, il consigliere politico di Carlo II e Roberto I d’Angiò.
Quest’uomo così influente ebbe il potere di far costruire una chiesetta privata, riservata esclusivamente alla sua famiglia, e decise di dedicarla a Santa Lucia, in virtù del miracolo alla vista che ricevette.
Il nome “Luciella“, però, non è da collegare alla Santa, bensì al tentativo di distinguerla dalle altre chiese presenti nel territorio circostante.
Dopo il devastante terremoto dell’Irpinia, avvenuto nel 1980, la chiesa rimase chiusa e cadde in un pietoso stato di abbandono, diventando sito per depositare sedie, presepi, stufe e altri oggetti in disuso.
Fu nel 2013 che iniziarono, finalmente, le opere di recupero e restauro, grazie soprattutto ai fondi messi a disposizione dall’Istituzione napoletana Pio Monte della Misericordia e grazie alla quale fu possibile ricostruire i solai crollati durante il sisma ed eliminare ogni traccia di amianto nella struttura.
Attualmente la chiesa di Santa Luciella presenta uno stile barocco, determinato dalle corporazioni che si insediarono nel posto tra il 1600 e 1700, ovvero quella dei Molinari e dei Pipernieri; quest’ultimi erano chiamati così perché lavoravano il piperno, la pietra dura tipica del territorio partenopeo. Il loro duro lavoro non prevedeva le attuali misure di sicurezza e prevenzione e dunque, per tutelare la vista, si affidavano alla protezione di Santa Lucia.
Fu in quel periodo che la chiesa divenne luogo di culto, anche grazie all’associazione con l’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione, raccogliendo laici e religiosi che si occupavano della celebrazione di matrimoni, battesimi e riti funebri.
Nei sotterranei della chiesa, infatti, è presente il cimitero in cui venivano seppelliti i membri della Confraternita e della Corporazione.
Ipogeo di Santa Luciella e il teschio con le orecchie
All’interno della chiesa di Santa Luciella, scendendo dalla sacrestia, si arriva all’ipogeo, luogo in cui venivano conservati i resti posti nell’ossario, situato al di sotto del cimitero, un’area che attualmente rimane ancora inesplorata e a cui non è possibile accedere.
L’unica parte che non veniva riposta nell’ossario erano i teschi, anche detti capuzzelle dal popolo partenopeo; queste hanno rappresentato uno dei miti più affascinanti e suggestivi di tutta Napoli e che hanno dato vita al culto delle anime pezzentelle.
Secondo questa credenza, che ha origini profondamente pagane, i vivi che erano scampati alle varie pestilenze che hanno segnato gravemente la storia di Napoli, adottavano una capuzzella, generalmente appartenente all’anima dannata di una persona che, in vita, era povero e pezzente.
Come segno di riconoscimento e devozione per essere scampati alla morte, decidevano di omaggiare questi defunti con preghiere che sarebbero servite ad aprire loro le porte del Paradiso, ricevendo in cambio protezione e cura.
Tra i teschi presenti nell’Ipogeo è possibile scorgere quello che ha attirato maggiormente l’attenzione di tutto il popolo napoletano e che ancora oggi incuriosisce fedeli e turisti da ogni parte d’Italia.
Parliamo del famoso teschio con le orecchie che, proprio per questa singolare caratteristica, era considerato speciale e importante; per la sua singolarità e unicità molte persone, specialmente le donne devote, gli rivolgevano copiose preghiere per ricevere grazia e protezione.
Secondo attenti studi effettuati da numerosi ricercatori, la conformazione di questo teschio non sta ad indicare la mummificazione delle cartilagini all’altezza delle orecchie, bensì questa caratteristica è data dal distaccamento delle ossa laterali che hanno creato un effetto visivo davvero suggestivo.
La particolarità più incredibile sta nel fatto che, solitamente, ogni pezzo di ossa che si distacca da teschi e scheletri tende a decomporsi dopo pochi anni; nel caso del teschio con le orecchie, invece, questo processo si è arrestato e ancora persiste dopo oltre 300 anni.