Nel cuore della Napoli storica, precisamente nei pressi di Piazza Mercato, è situata una delle più grandi e importanti basiliche del territorio. Risalente al XIII secolo, la Basilica del Carmine Maggiore a Napoli è tra gli esempi più illustri dell’architettura barocca del tempo.
In questo luogo così suggestivo si recano ogni anno numerosi turisti e fedeli che hanno la possibilità di capire il vero significato della parola devozione, specie in quella che è la mentalità del popolo partenopeo, ancora oggi legatissimo alla prodigiosa icona della Madonna Bruna.
Se visiterete Napoli e le sue meraviglie, infatti, non potrete fare a meno di intercettare il classico dialetto napoletano, ancora oggi molto parlato, specie tra i vicoli del centro storico, e dove ancora si sentono esclamazioni come Mamma d’o Carmene o Mamma Schiavona; queste espressioni, ormai parte integrante dell’intercalare partenopeo, denotano lo stretto legame con la Mamma protettrice e spesso sono esternate quando ci si meraviglia per qualcosa.
Se avete in programma una visita presso questa bellissima basilica in estate, potreste avere l’occasione di partecipare alla festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, che si tiene ogni anno il 16 luglio e che prevede lo spettacolare incendio del campanile con suggestivi giochi pirotecnici.
L’inizio di questa tradizione, che appunto aveva lo scopo di fingere un attacco al campanile di legno, probabilmente è da far risalire ai tempi di Masaniello, il capo dei lazzari: egli organizzò la rivolta proprio mentre si svolgevano i preparativi di questa sentitissima festa.
Vediamo dunque, nel dettaglio, qual è la storia che ha caratterizzato questa imponente basilica e quali sono le opere e i segreti che si celano in questo luogo di estrema devozione.
Storia della Basilica del Carmine Maggiore a Napoli
Le vere origini della chiesa sono da far risalire ai tempi in cui alcuni carmelitani tentarono di fuggire dalla dominazione saracena; durante la fuga, questi fedeli portarono l’immagine della Madonna riprodotta su una tavoletta di legno, detta la bruna del monte Carmelo, e per questo ai monaci fu concessa una cappella che in origine era dedicata a San Nicola.
Successivamente, verso la fine del XIII secolo, cominciarono i lavori di costruzione dell’attuale basilica, grazie alla generosa donazione effettuata da Elisabetta di Baviera come segno di ringraziamento per quei monaci che avevano custodito le spoglie del suo infelice figlio Corradino di Svevia, morto per decapitazione.
Un tempo, infatti, venivano effettuate diverse esecuzioni fuori dalla basilica e precisamente nell’attuale piazza del Mercato, chiamata all’epoca Campo Moncino; una di queste fu proprio ai danni del sedicenne ed erede del Regno delle Due Sicilie di Federico II, Corradino di Svevia, che fu giustiziato per volere di Carlo I d’Angiò e papa Clemente IV.
Si racconta che la sua salma venne dapprima buttata in un fosso e poi condotta all’interno della chiesa; ancora oggi, infatti, nella cappella della Madonna si può scorgere la sua lapide commemorativa.
La chiesa e le sue caratteristiche
La basilica del Carmine Maggiore a Napoli è stata costruita interamente in stile gotico, modificata poi nel ‘700 da Nicola Tagliacozzi in quello che oggi viene definito classico barocco partenopeo.
All’interno della struttura è possibile ammirare la presenza massiccia di marmi policromi e di un’ampia navata, costeggiata da 6 cappelle per lato e da un moderno e imponente soffitto a cassettoni; quest’ultimo è il risultato della ricostruzione effettuata dopo la distruzione causata dalla seconda guerra mondiale.
Visitando questa chiesa resterete sicuramente meravigliati dallo stile che ancora conserva dei timidi accenni di architettura gotica; ogni angolo della basilica saprà raccontarvi un pezzo di storia e di arte.
Nei due cappelloni laterali, infatti, troviamo dei preziosissimi affreschi di Francesco Solimena, mentre dietro l’altare maggiore si può intravedere la cappella e la famosa icona della Madonna Bruna.
Il campanile, inoltre, vanta un’altezza di 75 metri, distribuito su tre piani e ridefinito con uno stile ionico, dorico e corinzio, grazie al merito e alla maestria dell’architetto Giovan Giacomo di Conforto.
Dal campanile, poi, si può accedere all’antico chiostro in cui sono conservati affreschi raffiguranti scene della vita dei santi carmelitani.
Sarà sorprendente sapere che in questa chiesa sono stati celebrati, in epoca moderna, i funerali di due miti che, a modo loro, hanno saputo trasmettere tutta la cultura e la passione del popolo partenopeo: parliamo del celebre Totò, le cui celebrazioni funebri si tennero nel 1967, e di Mario Merola, commemorato nel 2006.
Il miracolo del Crocifisso
Un’altra importante testimonianza dell’immensa fede napoletana che, per secoli, ha dominato questo luogo di culto, è quella del Crocifisso ligneo, conservato all’interno della basilica e che è diventato famoso per un fatto accaduto.
Secondo la leggenda, durante la lotta tra Angioini e Aragonesi che si contendevano il territorio di Napoli nel lontano 1439, Pietro D’Aragona indirizzò una bombarda verso la chiesa; il proiettile riuscì a distruggere e superare l’abside della chiesa, andando in direzione della testa del crocifisso che, però, riuscì a schivare il colpo chinando il capo verso la spalla destra, senza subire danni di alcun genere.
Il giorno dopo fu proprio una bomba a colpire Pietro d’Aragona e a troncargli la testa; in seguito il Re Alfonso si recò presso la chiesa per rimediare ai torti causati dal fratello, ordinando la costruzione di un tabernacolo per la venerazione dell’immagine sacra.
Ancora oggi è possibile ammirare e adorare il Crocifisso Miracoloso, grazie alla sua periodica esposizione che va dal 26 dicembre al 2 gennaio e che poi si ripete durante il primo sabato di quaresima.